giovedì 18 novembre 2010

Perché lavoriamo? Quanto Lavoriamo? Perché questo lavoro?

“Bisogna lavorare per vivere, non vivere per lavorare”
Ho fatto una rapida ricerca su questo motto, e l’ho trovato tra l’altro fra gli aforismi di G.B. Shaw. Mi chiedo come mai invece il detto simile che riguarda il cibo (“bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare”) abbia un “pedigree” molto più antico e blasonato, risalendo addirittura alla Classicità antica, da Socrate a Cicerone.
Forse perché al cibo e soprattutto ai suoi eccessi siamo portati naturalmente a dare una connotazione negativa, mentre alle spalle della parola ”Lavoro” si sente il bisogno di trovare un riscontro positivo, nobilitante…. Per arrivare all’eccesso del famigerato, drammatico “Arbeit macht frei”
Soddisfatti i bisogni primari di ricovero e di alimento (anche con un certo eccesso di peso…), vivo sulla mia pelle un lento, inesorabile declino del “lavoro remunerato monetariamente” in parte per necessità contingente - la crisi - ma in larga misura perché non sento il bisogno di accumulare o di “creare ricchezza” per me e la mia stretta cerchia familiare; mentre all’opposto mi applico con passione fin esagerata al “lavoro per la socialità”: Gruppo di Acquisto Solidale, Banca del Tempo, rivitalizzazione di un Borgo abbandonato, recupero di antichi mestieri, costituzione di Ecovillaggio, insomma tutto quanto possa essere utile a perseguire una “Ecologia del Vivere Comunitario”… per chi mi sopravviverà, una eredità che trovo molto più duratura ed efficace.
Rinaldo

4 commenti:

  1. Rinaldo sei una mosca bianca....è un complimento, ovviamente. Perché è tristemente chiaro a tutti che è facile farsi travolgere dalla frenesia della corsa all'accumulo! Lo fanno tutti...e molti in fondo lo desiderano. Lavoriamo come muli per avere più soldi e quindi comprare più cose. In questo modo pensiamo di essere più soddisfatti (nei bisogni?) e quindi più felici. Invece? Invece no, non basta, si creano (ci creano...o ci creiamo da soli) altri bisogni, nuovi bisogni, che ci inducono a ricominciare ( perpetuare) la corsa all'accumulo! Distruggiamo il pianeta. Distruggiamo noi stessi.
    E qui mi collego anche al tema del lavoro che guarda al domani....il punto è che non siamo intimamente soddisfatti, del lavoro in primis, ma anche purtroppo nelle relazioni etc., perchè questo frenetico e diabolico meccanismo distoglie l'attenzione da noi stessi! Una soluzione: rallentare. Se imparassimo a farlo, e convincessimo anche chi ci sta intorno a farlo, ci accorgeremmo veramente di noi, e di ciò che ci circonda. Ognuno di noi può fare qualcosa contro questo...degrado ( dell'ecosistema, del lavoro, di noi stessi). "Chi si ferma è perduto". Io dico che chi si ferma è saggio, perchè può aprire gli occhi e la mente per riflettere e fare la propria scelta. Scegliere il proprio stile di vita, secondo coscienza e non perchè "così fan tutti"! Credo un pò come cerchi di fare tu no?
    Mi permetto di consigliarvi una lettura davvero molto molto interessante, che sicuramente invita alla riflessione, anche in modo un pò provocatorio. COLIN BEAVAN "UN ANNO A IMPATTO ZERO" CairoEditore
    Ciao Simona

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  2. Carissima, in linea di principio vedo che sei d'accordo con la mia visione; la spinta "definitiva" per me è stata una batosta economica di una dzzina di anni fa, ma spero che per molti non sarà necessaria un'esperienza simile... sono convinto che contenere gli sprechi di un'economia basata sull'eccesso parossistico del "privato" e mettere in rete attrezzature, capacità professionali e knowhow ci possa rendere maggiormente autonomi e molto più felici perchè ci dà modo di raggiungere risultati inarrivabili con le forze della singola persona, e con i proventi di un lavoro che viviamo come obbligo materiale e morale

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  3. vi dedico questa canzone di daniele silvestri...
    http://www.youtube.com/watch?v=0zo1rSinDLE
    ciao, silvia

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  4. I vostri interventi sono tutti molto interessanti e testimoniano grande sensibilità e preparazione, al punto che mi sento un poco intimorita.
    Allora porto la conversazione su un piano che mi è più familiare e cioè quello della banale vita quotidiana.
    Sarà che sono Toscana e lì ho raramente trovato tanta attenzione al "valore" del lavoro. Se avessi chiesto a mio padre, mi avrebbe detto che lavorava per mantenere la famiglia e non certo per passione. E quando la gente la sera stacca dal lavoro dice "Fo festa, me ne vado". Comunque ho sposato un brianzolo e anche lui afferma con sorprendente certezza che la cosa più importante nella vita (famiglia a parte) è il lavoro.
    Per quanto riguarda me, io sono un'istintiva e istintivamente ho cercato un lavoro seguendo le mie attitudini (passioni?), mi sono trasferita a Milano.... e ho incontrato mio marito.
    E' stato un percorso faticoso: non si lascia il Monte Argentario per Milano tanto facilmente, ma ho voluto mettermi in gioco.
    Ora, senza fare quella che vuole proporsi come modello di riferimento, non riesco a non notare tra i miei colleghi giovani questa incapacità di mettersi in gioco. Io non posso più farlo, tengo famiglia! Perchè si può dire quel che si vuole, però non è mica semplice rischiare tutto quando hai due figli. La retta del nido costa quasi 600 euro e poi c'è il mutuo! qui non si parla di sfizi indotti dal consumismo o di bella vita, qui parliamo di investire le nostre energie per essere sereni, perchè, diciamocelo, quando si fa fatica ad arrivare a fine mese e ci sono tante rinunce da fare, non si vive sereni e allora anche in casa si finisce per litigare più spesso, accidenti!
    Quindi, lavoriamo per passione sì, ma anche e soprattutto per essere sereni e garantire ai nostri figli la possibilità di scegliere: proseguire gli studi o andare al lavoro per dare una mano a casa? E se studio, potrò poi fare un lavoro con passione?
    Io ho potuto farlo perchè mio padre, con grande spirito di sacrificio e poca passione, ha preso tanti colpi di mare (era un marittimo, oggi è in pensione).
    Detto questo, ho ancora voglia di mettermi in discussione e da tempo mi solletica l'idea di fare un lavoro che abbia un maggiore impatto nel sociale, ma devo farmi venire qualche idea brillante, perchè una quarantenne con due figli a part time non se la piglia nessuno!
    Ora chiudo questo intervento così poco idealista e anche un poco provocatorio in un coro di voci unanime, segnalando un caso concreto di chi un'idea l'ha avuta e funziona. E comunque per fortuna è in buona compagnia.
    http://www.ninjamarketing.it/2010/12/13/il-cicloturismo-sostenibile-di-thats-amore-bike-rental/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter&utm_campaign=Feed%3A+NinjaMarketing+%28Ninja+Marketing+-+Knowledge+for+Change%29&utm_content=Twitter

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