venerdì 1 luglio 2011

La sfida dell’altro turismo

Se si apre la pagina di un vocabolario alla voce "turismo" e se ne cerca la definizione, essa apparirà chiara, senza possibilità di equivoco: "Attività consistente nel fare gite, escursioni, viaggi, per svago o a scopo istruttivo". Fin qui l'aspetto esteriore del fenomeno: rassicurante e limpido.
Ma quando si va a "leggere" il turismo sotto il profilo sociale, economico, culturale e politico, il discorso si fa assai meno esplicito. Anzi, diventa fortemente contraddittorio, in bilico tra valenze positive e negative.

Fin dai suoi albori, infatti, il turismo ha creato lacerazioni, modificato o stravolto equilibri millenari, cancellato o relegato in angoli bui tradizioni e usanze. Gli statunitensi sono stati i primi a potersi permettere il viaggio all’estero. Negli anni ’60 è arrivato il turno degli europei, poi ancora di canadesi, giapponesi, australiani e infine, dagli anni ’80 in poi, delle minoranze abbienti dell’India, del Brasile, della Cina.